Siamo negli anni 60, l’Italia è nel pieno del boom economico, c’è lavoro, speranza, energia nell’aria e tutti sono all’inseguimento del proprio sogno. Si costruiscono case ovunque e aumentano le vendite di veicoli a motore. Tra le due ruote si impone il fascino delle lussuose e prestigiose moto italiane e inglesi, che presto avrebbero lasciato posto alle più performanti giapponesi. Questi ultimi erano affacciati proprio sull’Europa per carpire i gusti e le tendenze degli utenti del vecchio continente, pronti a proporre in chiave più evoluta le moto che poi avrebbero dominato negli anni 70, ma questa è un’altra storia.
E’ in questo contesto che a Napoli si muovono piccole realtà commerciali ma dal grandissimo intuito e la forte passione, alcune delle quali destinate ad entrare nel ricordo e nella storia motociclistica partenopea. Una di queste è la ditta Vittorio Di Bonito che con la sede a Pozzuoli in Via Pergolesi attira ogni giorno l’attenzione e la curiosità degli appassionati napoletani. Di Bonito era concessionario Ducati e aveva focalizzato la sua attenzione sulla domanda che a cavallo tra il 1967 e il 1971 si era accesa tra i centauri partenopei per il modello Scrambler.
Questa moto nasce nel 1962 dall’idea dell’importatore Ducati in America Berliner Motor Corporation che chiese a Borgo Panigale di realizzare una moto semplice nel suo utilizzo a 360 gradi e che avesse le caratteristiche che prima l’ingegner Fabio Taglioni e Leopoldo Tartarini poi, avrebbero trasformato in realtà. La prima serie di Ducati Scrambler fu realizzata fino al 67 in cubature da 125 e 250 cc 4 tempi ed ebbe in America un successo strepitoso, più timidamente invece entrò nei cuori dei motociclisti italiani e napoletani. Lo fece con la seconda serie datata 1968 quando alla 250 si aggiunse la 350 e la 450 poi. Fu come spazzare via tutto il resto, un nuovo concetto di andare in moto era nato, rappresentava per tutti anche uno status symbol e Napoli non fu da meno.
La richiesta di Ducati Scrambler era incompensabile e Ducati si affannava per accontentare i concessionari che in Italia ne facevano richiesta. Poi ci fu l’episodio a noi riportato da Beniamino Ricci (oggi titolare della RIMA Yamaha Napoli) ma all’epoca dipendente della ditta Di Bonito. Ebbene la prima serie di Scrambler destinata agli States fu respinta dalla stessa Berliner, che contestò un particolare difetto ai telai delle moto. La gabbia non aveva nella sua parte inferiore il rinforzo che avrebbe dovuto sostenere maggiormente le reazioni dinamiche del motore 250. Vittorio Di Bonito allora decise di rilevare tutto l’invenduto da Ducati e tra il 67 e il 70 incaricò Beniamino Ricci di prelevare da Borgo Panigale i telai in questione equipaggiati di propulsore, mentre gli altri componenti furono acquistati direttamente dalle aziende indotte, con base in Emilia Romagna.
Vittorio Di Bonito iniziò così da Pozzuoli la sua produzione di Ducati Scrambler, che continuò anche dopo il trasferimento della ditta a Fuorigrotta in via Francesco Degni. In officina si saldava ai telai la curva di rinforzo, così come aveva consigliato Berliner e che per motivi di industrializzazione fu eseguita solo in un secondo momento dalla factory bolognese. Ma il lavoro di Di Bonito non bastava mai. Le strade di Napoli erano piene di Ducati Scrambler, che erano diventate le moto inglesi dei meno agiati e Di Bonito accelerò la produzione comprando serbatoi anche grezzi, che quindi dovevano essere verniciati. Qui la chiave che rivoluzionò il destino delle Scrambler. Vittorio e il suo dipendente Beniamino ebbero l’idea di identificare le loro Scrambler attraverso colorazioni che potessero essere riconoscibili. Le moto di serie erano rosse, nere e grigie, ma le Scrambler di Di Bonito si pregiarono del giallo, arancione e turchese, che fecero diventare le moto ancora più belle e pregiate. I napoletani impazzirono per quelle livree e si facevano raccomandare dai potenti alla Di Bonito per entrarne i possesso nel più breve tempo possibile. La Ducati Scrambler aveva un costo al pubblico che raggiungeva anche le 360.000 lire, in confronto ad una spesa iniziale del concessionario che non superava le 155.000. Un successo incredibile, che diede il giusto compenso ad un’azienda che aveva creduto in un sogno irrealizzabile, esaudito solo grazie a dedizione, fatica e sudore. Successivamente la stessa Ducati nelle serie successive della Scrambler decise di abbinare questi due colori alla produzione di serie.
Nasce quindi a Napoli, dalla folgorante idea di Vittorio di Bonito e il suo staff, la Scrambler dai colori accesi e solari che meglio non potevano rappresentare la passione che batteva nei cuori dei motociclisti napoletani. Una vera icona che oggi rivive quel mito con la versione moderna della Scrambler, che ha proprio con la colorazione gialla la più diffusa tra tutte, chiamata appunto Icon. I figli Gennaro e Antonella già da piccoli diedero un contributo importante all’azienda Di Bonito e avrebbero poi continuato il lavoro messo su dal papà. Lo fecero con la stessa passione trasmessa da Vittorio, che intanto aveva portato il marchio Ducati laddove nessuno era riuscito fino a quel momento. Ma il fermento e l’intuito di Vittorio non si fermarono e quando la ditta si trasferì al viale JF Kennedy, dal 1980 al 90 nacquero i piccoli ciclomotori per bambini, che l’azienda riuscì a esportare fino in America.
Lello Vaccaro
Hanno collaborato alla stesura: Beniamino Ricci, Ettore Freda, Gennaro e Antonella Di Bonito.