Home AMARCORD Io, la mia bici Graziella e Massimo Laverda (Racconti di Ettore Freda)

Io, la mia bici Graziella e Massimo Laverda (Racconti di Ettore Freda)

0
3603

di ETTORE FREDA

Sono nato, cresciuto e… pasciuto in quel del Vomero (come dicevano una volta: “si e ‘copp o’ vommer”), nato in via Cacciottoli, poi ho abitato per anni in un elegante condominio di via Massimo Stanzione, dove mio padre avvocato, aveva acquistato un grande appartamento per farne la nostra abitazione e il suo studio. In questa magica (per me) strada è iniziata la mia lunga storia d’amore con le motociclette. Via Massimo Stanzione intersecava via Merliani, dove vicino a Gennaro “o fruttaiuolo” c’era l’officina meccanica del grande “Don Vincenzo Angrisani“. L’officina Angrisani era il riferimento e il punto d’incontro dei motopesantisti – figli di papa’ – della Napoli bene dell’epoca (parliamo del 1968) quasi tutti possessori di Norton, Triumph, BSA, DUCATI SCRAMBLER etc. tra cui ricordo Mario De Luca, Marco De Rosa, Sabatino Borrelli, Alfredo “roccia” Fiorillo, Antonio Lancieri, Sasa’ Morgione e tanti altri, che erano diventati i miei idoli. Passavo i miei lunghi pomeriggi d’estate fuori l’officina a vedere i fortunati centauri, entrare e uscire e trattenersi a parlare tra di loro, con il mitico Don Vincenzo, il quale dava sempre saggi consigli motociclistici a tutti. La cosa che colpiva di più la mia fantasia di ragazzino 11enne era il fatto che loro fossero tutti, belli, ricchi, abbronzati, felici, e con delle bellissime fanciulle sul sellino posteriore “agghindate” con look beat e incredibili minigonne (erano gli anni del mitico PIPER e di PATTY PRAVO!!! Nonché della MELA a Napoli… via dei Mille…).

Io quell’anno per la promozione in seconda media ebbi regalato da mio padre una splendida bicicletta GRAZIELLA, della mitica fabbrica Veneta, VITTORIO CARNIELLI, di colore blu e con quella scorrazzavo tra i paraggi di casa mia e l’officina di Don Vincenzo, immaginando che la Graziella fosse la mia maxi moto. Un bel giorno fui attratto da un capannello di motociclisti davanti l’officina, erano tutti intorno a una moto e timidamente mi avvicinai chiedendo permesso e rimasi lì… senza fiato… perché vidi Lei… la moto che mi stregò e popolò i miei sogni di innocente ragazzino… la prima LAVERDA 750SF giunta a Napoli comprata da Pikki Simeone (noto figlio di papà e grande amico del mitico O’ Presidente… Pikki aveva anche avuto il primo Ducati 250 Scrambler a Napoli). Era bella, grande, granitica, maestosa,  di colore verde, esprimeva potenza e timore solo a guardarla e le cose che più mi impressionarono furono il suo inconfondibile rombo e  gli strumenti SMITH, con la velocità  a 240 km orari!!! Non dormii tutta la notte…Nei giorni successivi mi recai da Don Vincenzo per ammirare la Laverda e Lui, con grande affettuosità (è stata una delle persone che  più ha segnato la mia vita di motociclista e al quale ho voluto molto bene), mi si avvicinò dicendomi: “Ettore guarda che cosa ti regalo…” aprì una cartellina e mi donò un dépliant della LAVERDA 750, e cosa per me inaspettata, un  bellissimo adesivo tricolore LAVERDA, che io subito misi sulla Graziella, ormai diventata nella mia immaginazione la mia prima LAVERDA 750SF.

Era fine giugno e una domenica fummo invitati da una amica di mia madre a trascorrere una giornata nella loro splendida tenuta di campagna, nei pressi di Battipaglia; allora io pregai mio padre di portare anche la bici (tanto era pieghevole). Fu così che messa la bici nel cofano della FIAT 1100 di mio padre, iniziammo di buon mattino il viaggio verso Battipaglia. Giunti a destinazione e dopo i convenevoli con i padroni di casa, io, mio fratello Andrea e Augusto figlio della padrona di casa, iniziammo a correre con le bici intorno la villa, su un viottolo con poco asfalto e molto brecciolino. Convinto di esser possessore di una Laverda 750SF andavo più forte di tutti e fu così che mi imbattei in una caduta terribile, distruggendo la mia bellissima GRAZIELLA e facendomi veramente male, tanto da essere portato in ospedale per le abrasioni riportate a entrambi le gambe (allora per i ragazzini erano d’obbligo i calzoni corti!!) Era ora di pranzo, i padroni di casa avevano organizzato un lauto banchetto, che io rovinai perchè dovemmo correre in ospedale e ci mettemmo a tavola alle 15, anzi, si misero a tavola, perché io intontito con le gambe fasciate fui sistemato su una sedia sdraio… Tutti avevano premura perché il fratello della padrona di casa giovane ingegnere aspettava una coppia di suoi carissimi amici in viaggio di nozze nella vicina Costiera Amalfitana e che voleva presentare ai miei.

Dopo pranzo l’ingegnere, fumando una sigaretta, mi si avvicinò chiedendomi come mai andassi così velocemente  in bici e io candidamente, con  l’innocenza di 11 anni risposi: “Ingegnere, guardi, che la mia bici è velocissima perché è una moto LAVERDA…”. L’ingegnere sorrise divertito e mi disse: “e tu cosa ne sai della LAVERDA?”. Allora io gli raccontai della 750SF che mi aveva stregato dell’officina di Don Vincenzo e tante altre storie. Al che l’ingegnere sorridendo mi disse: “Ettore oggi è proprio il tuo giorno fortunato nonostante la caduta, perché avrai una bella sorpresa!!!”

Io non capii niente e intontito dalla caduta mi assopii…

Più tardi arrivarono gli amici ospiti dell’ingegnere e dopo la presentazione di rito con i miei genitori l’ingegnere si avvicinò a me con questo suo giovane amico alto, magro, con gli occhiali e dal tratto molto signorile e con un sorriso mi disse: “Ettore ti presento l’ingegnere MASSIMO LAVERDA, mio compagno di collegio e mio grandissimo amico”. Io rimasi impietrito, poi ossequioso e incredulo mi alzai balbettando qualcosa. L’ingegnere Laverda da gran signore mi fece stendere di  nuovo sulla sdraio si accovacciò vicino a me e con dolcezza mi iniziò a parlare delle sue splendide moto e della fabbrica Laverda. Quando ci congedammo per fare rientro a Napoli, l’ingegnere Laverda mi strinse forte a sé, volle il mio indirizzo di casa e mi spedì in seguito un bellissimo modellino Policar della 750SF, tutti i dépliant della produzione LAVERDA dell’epoca e una svariata serie di adesivi LAVERDA. Che signore… e che emozione quando mi arrivò l’enorme busta con la scritta MOTO LAVERDA BREGANZE!!! Sono momenti che non dimenticherò mai!!!

L’ingegnere Massimo Laverda ci ha lasciato nel 2005 a soli 64 anni per scorrazzare con le sue bellissime moto nelle splendide strade del Paradiso e io, quando ho saputo della sua immatura fine… amici miei, ho pianto.